Marcel Proust, scrittore francese.
Nato a Parigi nel 1871 e morto, sempre a Parigi, nel 1922.
La madre, Jeanne Weil, era figlia di un agente di cambio israelita e le condizioni agiate
della famiglia lo protessero dalle difficoltà materiali dell'esistenza che, cagionevole
di salute com'era per l'asma di cui soffrì sin dall'infanzia, egli avrebbe affrontato a
fatica. Compì studi brillanti al liceo Condorcet, dove, grazie a un suo professore
(Darlu), scoprì la filosofia. Frequentò poi la Sorbona e la Scuola di scienze politiche.
Fondò, con alcuni suoi condiscepoli, varie riviste di breve vita. Sulla più importante, Le
Banquet, pubblicò a partire dal 1892 i racconti e gli studi che, con prefazione di
Anatole France, furono riuniti nel 1896 nel volume I piaceri e i giorni: vi si
possono già intravvedere quelli che saranno i temi della sua opera maggiore, sebbene
ancora sfocati e in forma frammentaria. Nel frattempo, oltre alla scoperta della filosofia
di Bergson (che doveva rivelarsi essenziale per la sua concezione del tempo e della
memoria), si era verificato un altro avvenimento importante: l'ingresso nell'ambiente
letterario e musicale e poi nel gran mondo dell'aristocrazia e dell'alta borghesia. Proust
conduceva una vita apparentemente oziosa e snobistica, ma andava in realtà raccogliendo
l'immenso materiale di notazioni psicologiche che avrebbe formato il tessuto della Ricerca
del tempo perduto. Tra il 1895 e il 1899 lavorò a un romanzo autobiografico, Jean
Santeuil, ma lo lasciò incompiuto (fu pubblicato postumo, assai tardi, nel 1952),
allorché si rese conto della sua "falsità morale", del fatto cioè che il
protagonista creava intorno a sé un alone di autoadorazione e di autocompatimento che
egli ormai respingeva, esaltato da nuove scoperte. In questa seconda opera si trovano
tuttavia presenti in nuce, ancor più che nella prima, i grandi motivi della Ricerca:
il meccanismo della memoria inconscia e la sofferenza per il tempo perduto, inteso però
come tempo sprecato, mentre sarà più tardi trionfalmente tempo ricuperato. Verso la fine
della stesura del romanzo e negli anni successivi, Proust risentì fortemente della
scoperta di Ruskin (e quindi di quella delle cattedrali gotiche): andò elaborando una
nuova concezione dell'arte, quale religione della bellezza, quale intuizione, attraverso
l'ispirazione, di una realtà eterna che lo scrittore trascrive "senza aggiungere
nulla di suo a questo messaggio divino". Nei saggi su Ruskin, come il John Ruskin
(apparso nel 1900 nella Gazette des beaux arts), Proust mostrava di esser quasi
giunto alla poetica che sarebbe stata propria della Ricerca, secondo la quale
l'artista ha il compito di percepire la realtà con estrema fedeltà sia al perfetto
mutamento della realtà stessa sia al continuo trasformarsi dell'io che la rispecchia.
Allo stesso periodo risalgono le traduzioni della Bibbia di Amiens e di Sesamo e
i gigli di Ruskin, pubblicate alquanto in ritardo, nel 1904 e nel 1906, quando ormai
Proust aveva superato la passione per il suo autore, e veniva scoprendo la sua vera
vocazione. Di questo ripudio volle parlare egli stesso in un poscritto alla Bibbia di
Amiens, accusando lo scrittore inglese di "idolatria", giacché le dottrine
che professava avevano un significato morale e non estetico. Della sua emancipazione è
testimonianza il saggio Sulla lettura, premesso a Sesamo e i gigli, nel
quale la lettura è vista come un mezzo per approfondire la vita del proprio spirito.
L'immenso lavoro di ricerca interiore fu intramezzato da diversivi, quali Pastiches et
Mélanges (pubblicati nel 1919), Cronache (1927) e il lungo saggio Contro
Sainte-Beuve(1954), ulteriore tappa verso la conquista della propria personalità;
giacché, quasi a presentare e a difendere l'opera che non aveva ancora scritto, l'autore
basava la critica a Sainte-Beuve sulla convinzione che la creazione letteraria è il
prodotto di "un io diverso da quello che si manifesta nelle nostre abitudini, nella
vita sociale, nei nostri vizi". A partire dal 1909 si dedicò interamente alla grande
opera (Alla ricerca del tempo perduto), che avrebbe risolto i problemi della
fantasia creatrice, affrontati sinora in forma astratta. Proust aveva da tempo abbandonato
la vita mondana, ma da quel momento la sua reclusione, nel buio notturno della stanza
rivestita di sughero, in mezzo alle tisane e ai suffumigi contro l'asma, fu pressoché
totale. Nel 1911 egli incominciò a cercare un editore, ma, sia perché si sapeva che era
provvisto di mezzi, sia perché la sua partecipazione alla vita letteraria presentava
qualche aspetto dilettantesco, fu costretto a pagare le spese di stampa del primo volume, La
strada di Swann(Du côté de chez Swann, 1913). Era appena l'inizio di un
ciclo. Ma venne la guerra a interromperne la pubblicazione; non però ad arrestare
l'attività di Proust, poiché quel tragico avvenimento non toccò quasi la sua vita. Nel
1918 gli editori della Nouvelle Revue française lanciarono il secondo volume, All'ombra
delle fanciulle in fiore (premio Goncourt 1919). Celebre ormai, ma profondamente
minato dal male, Proust s'impose un lavoro estenuante per portare a termine l'opera: nel
1920 ne uscì la terza parte, I Guermantes (Le côté de Guermantes) a cui
seguì Sodoma e Gomorra, nel 1922, anno della morte dello scrittore. I volumi La
prigioniera (1923), Albertina scomparsa (1925), che va oggi sotto il titolo di La
fuggitiva, e Il tempo ritrovato (1927) furono pubblicati postumi. A partire dal
1930 ebbe inizio la pubblicazione della Corrispondenza di Proust.
Per la collocazione dell'opera proustiana, si possono citare, nella letteratura francese,
due filoni principali: la prosa moralistica e di introspezione, risalente a Montaigne, e
la saggistica di costume o memorialistica, che ebbe un suo illustre rappresentante già
nel Saint-Simon, a cui Proust ha guardato, così come allo Chateaubriand delle Memorie
d'oltretomba. Né si può sottacere il complicato rapporto con Balzac, ammirato ma
anche sentito come scrittore che si era ispirato a una troppo diversa concezione del
romanzo, secondo quanto si legge nello scritto Contro Sainte-Beuve. Ma
l'originalità di Proust è costituita dalla speciale struttura preordinata dell'opera,
quella "ricerca del tempo perduto" che il titolo generale annuncia e che si
conclude con una vittoria sul tempo stesso, cosicché gli eventi risultano trasportati sul
piano metafisico di una verità ideale, incorruttibile. Eventi filtrati, dunque,
attraverso l'io del narratore e, a differenza di ciò che avviene nell'ordinato mondo di
Balzac, esposti a sbalzi cronologici, con deformazioni e proliferazioni, quasi cellule che
si moltiplichino, per l'improvviso apparire della "memoria involontaria", del
"flusso di coscienza", sicché dal realismo rigoroso si passa all'esaltazione
lirica, dal presente al passato. Il mondo parigino resta straordinariamente vivo, ma
continuamente s'impasta con le associazioni di idee e di sensazioni dell'autore. Lo stile,
che rompe con la tradizione di semplicità e chiarezza per lo più tipiche della prosa
francese, si adegua a questo complicato movimento interiore. Numerose subordinate,
frequenti parentesi dilatano il periodo. Le pagine sono fitte e tendono a non lasciar
respiro finché da un certo punto di partenza non si giunga, si direbbe, più lontano
possibile in direzioni varie. Dopo un disorientamento iniziale, il lettore rimane a poco a
poco affascinato. Il destino dell'opera di Proust è stato alquanto singolare: compresa,
abbastanza tardivamente, da alcuni contemporanei (come Gide e Rivière), fu ignorata dai
più, anche perché l'autore continuava a essere, agli occhi del mondo, un dilettante di
genio. Scoperta dopo la sua morte, è stata sottoposta a ogni forma di analisi:
psicologica, stilistica, psicoanalitica, strutturale. Pur essendo inimitabile e piuttosto
lontana dalle esperienze letterarie contemporanee, essa ha influito non poco, a volte per
motivi assai diversi, sugli scrittori moderni, e non soltanto francesi.
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Data ultima modifica venerdì 23 marzo 2001 19.43.37