Confucio, in cinese K'ung fu-tzû, filosofo
cinese fondatore del confucianesimo.
Nato nel 551 a.C. circa e morto nel 479 a.C.
Notizie della sua vita ci sono fornite dalla biografia lasciataci da Ssû-ma Ch'ien nelle
sue Memorie storiche (Shih chi), per quanto questo storico si sia limitato a
classificare in ordine cronologico i dati che figurano nel Lun-yü (Conversazioni o
Analettici di Confucio), opera che è costituita quasi esclusivamente da una
raccolta di discorsi che Confucio avrebbe tenuto ai suoi discepoli. Il Lun-yü costituisce
la fonte più sicura per conoscere il pensiero del filosofo, ma purtroppo è accertato che
numerosi passaggi sono apocrifi ed è impossibile, il più delle volte, fare una netta
distinzione tra il vero e il falso. In ogni modo il Lun-yü ci dà forse un
ritratto del maestro così come lo vedevano i suoi discepoli.
Confucio apparteneva alla famiglia K'ung che risiedeva nel piccolo paese di Lu (l'odierno
Shan-tung) da tre generazioni, ma era originaria del principato di Sung e imparentata,
sembra, alla famiglia principesca di questo paese. Si poteva quindi considerare Confucio
come discendente dei re della dinastia Yin. Il suo nome era Ch'in, ma era conosciuto come
Chung-ni. Rimasto orfano in giovane età, crebbe in povertà. Occupò qualche carica nel
paese di Lu, anzi, secondo l'incerta tradizione, avrebbe ricoperto anche incarichi di
primissimo piano. Dopo il 497, per ragioni ignote, lasciò il paese di Lu, accompagnato da
alcuni discepoli e condusse vita errante, offrendo i suoi servigi ai principi feudali. La
tradizione ci narra alcune sue disavventure che gli diedero modo di manifestare la sua
"santità". Avendo finalmente ottenuto l'autorizzazione a restare nel suo paese,
si stabilì nella capitale dove fondò una scuola impartendo i suoi insegnamenti a
numerosi discepoli, fino alla morte. Il suo insegnamento era basato essenzialmente sulla
morale e si valeva di alcune opere del passato che, opportunamente rimaneggiate, divennero
poi i classici ching del confucianesimo e di tutta la cultura cinese. Secondo una
tradizione, Confucio stesso avrebbe sia scritto sia rimaneggiato alcune di queste opere;
in realtà è certo che Confucio non redasse nessuna opera. Egli stesso avrebbe asserito
che l'unico scopo che si proponeva era quello di trasmettere la tradizione degli antichi;
infatti dagli aforismi del Lun-yü appare evidente che egli si dedicò a far
rivivere una tradizione aristocratica insistendo sulla predicazione del bene; il concetto
fondamentale era che, coltivando la propria personalità, affermandola e nobilitandola, si
giunge a far regnare l'armonia nel corpo sociale. Le grandi virtù esaltate da Confucio
sono l'amore per l'umanità (jen) e l'equità (yi): esse mirano a instaurare
tra gli uomini sentimenti di nobiltà, di dignità e di rispetto reciproco. Questi
sentimenti costituiscono la base di una concezione della vita in cui virtù civili e
virtù personali si condizionano vicendevolmente e si armonizzano. Il quadro dei valori
etici e dei rapporti umani è per Confucio fissato chiaramente dall'ordine stesso della
realtà ed è per questo che la prima preoccupazione di ciascuno, come uomo e come
cittadino, deve essere, secondo la celebre dottrina, quella della "rettificazione dei
nomi", ossia dell'adeguamento intimo delle cose e delle situazioni umane alle realtà
indicate dai nomi. È questo un interesse in parte simile a quello di Socrate per i
concetti; e con il filosofo greco Confucio ha indubbiamente qualcosa in comune, tra cui il
senso dell'importanza etica della conoscenza. Il suo pensiero, almeno quale noi lo
conosciamo, è tutt'altro che organico e sistematico e, sotto molti aspetti, non va al di
là di un moralismo piano e basato sul buon senso, ma segna nella storia cinese l'inizio
di una riflessione filosofica di tipo personale e almeno due delle maggiori
caratteristiche di tutta la cultura successiva si possono considerare fissate da lui: la
preminente importanza, nell'esperienza umana, del momento associativo e della cultura in
tutti i suoi aspetti. Quest'alta concezione della vita doveva essere, sfortunatamente, nel
confucianesimo posteriore, spesso soffocata dal ritualismo. A Confucio, a cui anticamente
fu dato il titolo di "re senza corona" e di "maestro per 10.000
generazioni", furono elevati, a cominciare dal V sec., templi pubblici. A partire dal
VII sec. la sua effigie apparve nelle scuole e le furono tributati onori solenni. Il culto
di Confucio cessò di essere culto ufficiale dopo la rivoluzione del 1911, quando
l'insegnamento dell'etica confuciana non fu più obbligatorio nelle scuole.
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Data ultima modifica venerdì 23 marzo 2001 19.49.23